Napoli – 1943-2013. Un settantennio da celebrare quest’anno che riporta alla luce l’evento storico delle “Quattro Giornate di Napoli”. A dare inizio ad una serie di attività volute dall’Assessorato alla Cultura partenopea, è stato lo spettacolo “Napoli ‘43”, scritto e diretto da Enzo Moscato, con immagini sceniche di Mimmo Paladino andato in scena al Nuovo a Montecavario. “Napoli ‘43” non è un racconto mimetico e storico di quell’avvenimento; è invece uno spettacolo teatrale, e come tale, simbolico e antirealista. Così il regista ha introdotto il suo nuovo lavoro. Esso nasce da una scrittura precedente volutamente e necessariamente decostruttiva e denarrativa. Una serie di frammenti, dunque, in cui riaffiora la vita a Montecalvario in quei fatidici giorni. La specificità di questa drammaturgia ha l’obiettivo di scavare nel profondo lo spettatore, di lasciare una ferita pur simbolica che possa, attraverso la riscoperta delle Quattro Giornate, impattarlo contro l’indolenza dei nostri giorni. Quello, forse, era l’ultimo atto eroico che i napoletani sono stati in grado di concedersi, dopo l’inerzia eterna del presente che ha reso indifferenti e distratti tutti noi, e conniventi con “gli invasori” odierni. Da qui proviene l’esigenza di rinvenire una forma drammaturgica che non sia condizionata da quella vigente in Italia, che la penalizza rispetto al Teatro europeo. Moscato ha privilegiato quella prosodica e poetica nella convinzione che il Teatro sia parte integrante e determinante della “Poleis”, nella fattispecie di Napoli, e oggi più che mai è lo strumento che può rivelare alla coscienza di ciascuno la sua propria presenza. Gli attori, tutti sulla scena, hanno saputo esprimere quella collettività di un popolo martoriato quasi a mo’ di coro tragico greco; essi procedono per rime, attraverso un linguaggio quasi “magico” che privilegia sì il dialetto napoletano , ma anche la creazione linguistica gestita in modo sapiente e, soprattutto, così valorizzata attraverso la polifonia delle voci. Una regia preziosa che pone al centro la massima espressività del Teatro in quanto parola evocatrice; evocatrice di storie nella grande Storia che ha investito la città di Napoli. Forse, come ha detto ancora il regista quando ha presentato “Napoli ‘43”, il Teatro è complesso, e come tale è bistrattato. Ma è proprio questa complessità che consente di raccontare attraverso ricordi, scene di vita, voci o filastrocche un passato non lontano. “Napoli ‘43” si avvale di attori bravissimi tra i quali Benedetto Casillo, Antonio Casagrande e Cristina Donadio i quali adempiono il compito di creare disattesa e disagio nello spettatore, evitando ogni stereotipia. Quello delle “Quattro giornate di Napoli” è difatti un eroismo triste culminato con “la sconfitta della vittoria” sfumata, infatti, non appena i napoletani cedettero le proprie armi agli americani in cambio di cioccolata. Pur tuttavia resta, almeno secondo gli ultimi studi storici, un atto di coscienza civile straordinario, l’ultimo barlume di speranza di riscatto per questo “popolo mancato, storia mancata, civiltà mancata” (E. Moscato). Una pièce in cui il passato viene reintegrato nel presente attraverso l’inevitabile sofferenza della consapevolezza del nostro oggi (quasi alla fine, un personaggio auspica il ritorno dei tedeschi per rivedere ancora una coscienza civica!). L’appiattimento odierno si traduce, difatti, in una continua “castrazione” che porta in sé però i germi di una possibilità di salvezza; Napoli avrà sempre quelle marce in più con le quali “eroticizzare questa castrazione” (E. Moscato). Perciò “Napoli ‘43” nasce dall’urgenza di porre al centro della poleis il Teatro e la sua complessità che è complementare a quella di ridare vita ad un passato, per salvare (se si può), i nostri anni. E’ così che andare a teatro diventa necessario
Ester Formato
Leave a Reply