Napoli – Toni Servillo e suo fratello Peppe sono i protagonisti di “Le voci di dentro” diretto dallo stesso Toni Servillo.
La commedia in tre atti di Eduardo De Filippo, scritta nel 1948 è sino al 12 gennaio al Teatro San Ferdinando a Napoli. Un palcoscenico molto simbolico perché esso è proprio quello in cui Eduardo e la sua compagnia hanno lavorato e, ancora di proprietà dei De Filippo, è stato restituito al popolo partenopeo solo da qualche anno.
La pièce in questo adattamento si avvale dell’eccellente produzione di Teatri Uniti di Napoli nonché del Piccolo di Milano e di Teatro di Roma, per altro già pluripremiatissima nella passata stagione.
Una regia e interpretazione dunque pregevole, vista l’imponente consistenza artistica degli attori che non può che favorire il successo dello spettacolo.
“Le voci di dentro” in realtà ha quel pizzico del pirandelliano cui Eduardo si avvicinò nel corso della sua scrittura. Pur non tradendo l’elemento realistico e popolare che concerne sempre i suoi personaggi, questa commedia è un’analisi alla fine cruda di un mondo, quale quello post seconda guerra mondiale, in cui ogni individuo si riconosce soltanto homo hominis lupus. Ma questa volta De Filippo sceglie di raccontare questa verità attraverso uno sviluppo onirico della vicenda che si origina da un sogno in cui il protagonista Alberto Saporito (Toni Servillo) vede il suo amico Aniello assassinato dai vicini di casa, i Cimmaruta. Svegliatosi, egli li denuncia per il presunto assassinio, andando incontro però ad una serie di avvenimenti che non saranno altri se non la dimostrazione che ognuno per la propria meschinità diviene un potenziale assassinio. Prendendo, difatti, coscienza del suo errore, di aver confuso sogno e realtà, conviene finalmente alla triste consapevolezza che immediatamente non fa che traslare l’atto concreto dell’omicidio (che difatti non c’è) in uno più metaforico e astratto ma non per questo non fatale.
Il fatalismo di Eduardo qui si riveste di quell’analisi antropologica dell’uomo moderno comune a tanti drammaturghi del Novecento con la marcia in più che è il suo realismo così attento a sviscerare la dimensione della classe media o popolare della Napoli di quegli anni.
Molto spesso, a partire da noi suoi conterranei, abbiamo una visione semplicistica del suo Teatro, forse colpa anche di una cattiva percezione del valore della lingua dialettale rispetto a quella nazionale. Lo spettacolo di Toni Servillo offre a tutti la possibilità di approfondire il grande Teatro eduardiano, di riscoprirlo nella sua purezza.
Ester Formato
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