“La vivisezione non è un orrore del passato, ma un incubo che appartiene anche ai nostri giorni e riguarda tutti – afferma la biologa Michela Kuan, responsabile LAV Vivisezione – Infatti la sperimentazione animale è un grave errore metodologico che continua a mietere centinaia di milioni di vittime animali e umane, perché nessuna specie vivente può essere modello sperimentale per le altre a causa delle enormi differenze genetiche, anatomiche, biologiche, metaboliche, psichiche, etologiche che le contraddistinguono. Grazie all’articolo 13 della Legge di delegazione europea n.96 del 2013 finalmente l’Italia potrebbe essere protagonista di un’inversione di marcia per aprire le porte a tecniche innovative senza animali, aumentando i posti di lavoro e i finanziamenti da parte delle industrie che al momento investono solo all’estero visto che nel nostro Paese non vengono né sviluppati né insegnati. Un’occasione preziosa che non deve essere assolutamente persa con l’emanazione del nuovo decreto legislativo”.
La vivisezione – spiega la LAV – non comporta solo la morte delle cavie coinvolte nei test, ma anche gravi effetti avversi per la nostra specie diventando la quarta causa di morte negli Stati Uniti; inoltre, solo l’8% dei farmaci passa la fase clinica sull’uomo, con un indice di insuccesso altissimo e un ingente spreco di risorse. La sperimentazione animale e la sua inattendibilità scientifica ci riguarda tutti perché, come evidenzia un recente studio di Federanziani Sic Sanità, sarebbero 40.000 i morti l’anno e 1.752.000 le giornate di degenza legate alle reazioni avverse ai farmaci.
Un altro clamoroso esempio della non attendibilità del modello animale riguarda gli studi sulla diossina, una sostanza altamente tossica per l’uomo, al centro di gravissimi problemi ambientali e sanitari nel nostro Paese, e non solo nella cosiddetta Terra dei Fuochi: è interessante sottolineare come i test su animali non siano comparabili per la nostra specie e abbiano permesso, per anni, di sottovalutare il problema contribuendo a inquinare il nostro Paese irrimediabilmente; infatti, addirittura tra specie geneticamente vicine (spesso topi e ratti vengono confusi, ma nessuno si sbaglierebbe tra un bambino e un topo) la dose mortale di diossina può variare di molto: circa 20mg/kg nel ratto, 200 nel topo e 5000 nel criceto! Pertanto, scegliendo opportunamente la specie animale, si potrà dimostrare un risultato o il suo contrario a seconda di quanto fa comodo al committente.
Gli studi di tossicità condotti su animali non possono essere considerati predittivi a causa delle significative differenze tra le specie rispetto a parametri farmacocinetici quali assorbimento, distribuzione, metabolismo, escrezione dei composti chimici o dei farmaci. Già dal 1987, in un’udienza congressuale sull’argomento, eminenti tossicologi affermarono che l’LD50 (test sulla dose letale) non è una costante biologica. Questo genere di test offre alle grandi società la possibilità di difendersi in caso di danni alla salute causati dai loro prodotti, potendo sostenere di aver eseguito i dovuti esperimenti sugli animali ma senza alcuna certezza per noi umani.
La sperimentazione animale è un modello scientifico mai validato, che basa su enormi interessi economici le sue fondamenta e non su serie evidenze scientifiche. Una ricerca algoritmica al computer di tutti gli articoli di ricerca di base pubblicati in sei delle principali riviste scientifiche (Nature, Cell, Science, Journal of Biological Chemistry, Journal of Clinical Investigation, Journal Experimental Medicine) dal 1979 al 1983 ha evidenziato come dei 25.190 articoli, 101 (0,4%) avessero qualche pretesa di potenziale applicazione agli umani, di cui 27 hanno portato a una prova clinica, solo 5 hanno passato i trial clinici e solamente 1 (0,004%) ha condotto allo sviluppo di una classe di farmaci clinicamente utili e questo unico, tra l’altro sviluppato senza uso di animali!
CS LAV