Il valore di questa assemblea è grande per il momento delicato che la lotta sta vivendo – si legge nel comunicato dell’associazione A3F – il padrone in questione infatti fin da ieri sera, coadiuvato da una banda di criminali, è andato in giro per le case dei fratelli bengalesi a minacciare chiunque avesse partecipato alla nostra manifestazione. La minaccia riguardava sia quella della perdita del lavoro che quella fisica. Denunciamo con forza tale attacco e continuiamo con più coraggio sulla strada intrapresa. Chiediamo ancora di più oggi a tutti voi solidarietà, sostegno e schieramento – conclude.
Non solo aggressioni fisiche, ma anche violenze psicologiche con minacce vero le famiglie di origine. Questo è il clima in cui quotidianamente i cittadini extracomunitari presenti nei nostri paesi sono costretti a vivere. Come Alim, ci sono tanti padroni che sfruttano e schiavizzano altri extracomunitari. A questo punto c’è anche da chiedersi chi ci sia dietro questi padroni e se le istituzioni sono a conoscenza di questi fenomeni di schiavitù cha avvengono sui propri territori. Eppure tutti sanno della schiavitù di questi lavoratori, poichè così come confermato dagli stessi, nelle fabbriche di Alim arriva materiale di sartoria già tagliato portato da cittadini italiani. Naturalmente i brands che ricorrono a questo tipo di manodopera sono nazionali, famosi e costosi.
Questo è solo l’inizio della protesta; tutti insieme stanno valutando l’ipotesi di bloccare la produzione per un intero giorno con uno sciopero che coinvolga non solo cittadini bengalesi ma tutti gli extracomunitari e i cittadini anche italiani che sono costretti a lavorare in queste condizioni. La campagna di informazione per l’adesione allo sciopero, sarà capillare, effettuata porta a porta.
Dietro ogni capo di sartoria confezionato, c’è un essere vivente che rischia anche la morte, ma che a volte non si ribella alle violenze ed alle minacce, solo perché dall’altra parte del mondo c’è una famiglia che aspetta qualche euro per poter mordere un pezzo di pane.
Giovanna Scarano
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