Napoli – Nella mattinata odierna i Carabinieri del Comando Antifalsificazione Monetaria e quelli dei Comandi Provinciali di Napoli e Caserta hanno dato esecuzione ad un provvedimento cautelare, emesso dal GIP presso il Tribunale di Napoli su richiesta della DDA, nei confronti di 56 persone, accusate, oltre al reato associativo, di svariati delitti correlati alla contraffazione ed alla messa in circolazione nel territorio dello Stato di monete, banconote e valori di bollo, alla fabbricazione e detenzione di filigrane o di strumenti destinati a tali attività di falsificazione ed alla contraffazione di pubblici sigilli. In particolare, sono stati emessi 29 provvedimenti di custodia in carcere, 10 di custodia agli arresti domiciliari, 12 provvedimenti di divieto di dimora nel comune di residenza e 5 provvedimenti impositivi dell’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria. Le indagini hanno avuto inizio nel 2012 e si sono sviluppate nell’ambito di accertamenti volti a localizzare i canali di distribuzione e le stamperie clandestine di banconote false riconducibili a gruppi legati a clan camorristici operanti nell’hinterland napoletano. Le investigazioni hanno consentito di individuare le attività illecite, prevalentemente realizzate nella provincia di Napoli, di alcuni gruppi malavitosi (tutti riconducibili a due cartelli associativi) dediti alla contraffazione e allo smercio di banconote false e valori di bollo alterati, operanti in Napoli e provincia, nonché di scoprire canali di distribuzione attivati in varie parti del territorio nazionale tra le province di Torino, Bologna, Foggia, Genova e Milano, oltre che a Cassino, in Sicilia ed in Calabria, nonché all’estero. Gli sviluppi investigativi hanno permesso di individuare: a Napoli, una stamperia clandestina con macchinari da stampa offset, in grado cioè, di procedere in breve tempo a più passaggi di stampa e ottenere, in questo modo ingenti quantità di banconote, normalmente nell’ordine di svariati milioni di euro e vario materiale di contraffazione; in Gallicano nel Lazio (in provincia di Roma) è stata scoperta una zecca clandestina per la contraffazione di monete metalliche da 1 e 2 euro; nel comune di Arzano, un laboratorio clandestino per la produzione di marche da bollo telematiche e gratta e vinci falsi. Va sottolineato che gli accertamenti tecnici hanno dimostrato che le banconote false prodotte in Italia ed in particolare quelle riconducibili all’area geografica campana sono considerate, nell’ambito del mercato criminale della contraffazione, prodotti di ottima fattura. Le attività investigative hanno pure dimostrato che le banconote contraffatte, che erano chiamate con linguaggio criptico-allusivo, “cosariello, ambasciata, l’americano (per indicare il dollaro USA), scarpe, pavimenti, cartoline, gnocchi (per indicare monete metalliche)”, non giungevano mai occasionalmente nel luogo della spendita, ma solo dopo un’attenta valutazione del gruppo di soggetti preposto alla sua distribuzione. Inoltre, è stato dimostrato che per la produzione di monete, i falsari sceglievano quasi sempre luoghi in località isolate ovvero locali debitamente insonorizzati. In alcuni casi le banconote giungevano al destinatario attraverso raccomandata postale, ritenuta più sicura rispetto ai comuni vettori di import – export; per lo smercio, i luoghi maggiormente preferiti erano quelli frequentati da numerose persone come, ad esempio, mercatini, fiere e sagre di paese. In particolare, per la distribuzione delle banconote contraffatte esistevano vari passaggi (o livelli) che andavano dalla fonte produttiva allo smercio della singola banconota falsa e dalle stamperie clandestine giungevano allo spenditore al dettaglio. Il primo livello era di deposito e stoccaggio, al secondo livello i grossisti avendo l’opportunità di accedere direttamente ai depositi di stoccaggio, acquistavano grandi quantitativi di banconote false, costituendo loro stessi un piccolo deposito dove si rivolgevano i fornitori, al terzo livello vi erano i fornitori coloro che acquistavano le banconote contraffatte dai grossisti per rivenderle. Successivamente vi erano poi gli smerciatori, coloro che provvedevano ad immettere le banconote contraffatte nel circuito economico. Pur di portare a termine la “filiarea del falso”, già nel 2011 a Termoli uno degli smerciatori, già sottoposto agli arresti domiciliari ma con permesso di assentarsi dalle 8 alle 11 del mattino dei soli giorni feriali; prendeva contatti direttamente con i fornitori dedicandosi, nelle ore in cui era costretto a restare a casa, a vendere le banconote false ai propri acquirenti, a cui dava appuntamento direttamente preso la sua abitazione. Nel corso dei due anni di indagini, sono state sequestrate finora 5.500 banconote e monete false di vario taglio per un totale di 1 milione di euro.
Redazione
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