Trentola Ducenta (CE) – Intestazione fittizia di beni, riciclaggio, estorsione, falsità materiale commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici, abuso d’ufficio, truffa e turbata libertà degli incanti; questi i reati,aggravati dalla finalità di agevolare il clan dei casalesi, gruppo di Michele Zagaria, contestati alle 24 persone arrestate stamattina dalla Squadra Mobile di Caserta e il Ros di Napoli nell’ambito di una operazione che ha portato anche al sequestro del noto centro commerciale Jambo di Trentola Ducenta. Il decreto di sequestro del centro commerciale, tuttavia, prevedendo la nomina di un amministratore giudiziario consentirà la prosecuzione delle attività commerciali ivi ubicate.
L’indagine, ha consentito una ricostruzione attuale della composizione del clan di Michele Zagaria con riferimento a vari esponenti di elevato livello e dei loro collegamenti con politici locali. Le dichiarazioni di collaboratori di giustizia ritenuti attendibili, nonche le diverse intercettazioni e consulenze tecniche hanno perrmesso di accertare come, a partire dal 1997 fino ad oggi, quello che era un piccolo centro commerciale del valore stimato di circa 2 miliardi di lire, il Jambo di Trentola Ducenta, sia diventata, grazie agli investimenti e alle attività in suo sostegno svolte dal clan Zagaria, una imponente realtà commerciale del valore di 60 milioni di euro nella piena disponibilità del capo clan.
E’ stato evidenziato infatti come la crescita del centro commerciale Jambo si sia determinata, con riferimento ad ogni suo aspetto, proprio attraverso l’utilizzazione della forza economica, politica e mafiosa di Michele Zagaria. Difatti le quote della società C.I.S. Meridionale Srl, proprietaria del centro commerciale, sono state ritenute dallo stesso giudice per le indagini preliminari come sostanzialmente riconducibili allo Zagaria, reale dominus dell’iniziativa economica.
Gli stessi terreni su cui venivano costruiti, nel corso del tempo, i numerosissimi ampliamenti del centro commerciale, erano direttamente individuati ed acquisiti dallo stesso Zagaria e dai suoi uomini che poi mettevano i formali proprietari del centro commerciale in condizione di concludere i contratti d’acquisto. Inoltre per permettere l’espansione del centro commerciale il clan ha ottenuto negli anni diverse concessioni edilizie alcune delle quali adirittura illegittime. Il clan riusci anche a promuovere e realizzare la costruzione di un nuovo svincolo sulla strada statale Ss 265 che, come segnalato inutilmente dagli organi preposti, non rispettando alcune distanze di sicurezza mette in pericolo gli automobilisti in transito. Proprio gli approfondimenti investigativi su questa vicenda che, secondo il giudice delle indagini preliminari, dimostrava il pieno ed assoluto dominio del clan sulle amministrazioni locali, hanno consentito di accertare come il sodalizio, non contento di realizzare opere pubbliche in favore delle proprie imprese, riuscisse grazie, ancora, alla propria capacità di comando sulle pubbliche amministrazioni a realizzare, in prima persona, attraverso propri imprenditori, lo stesso svincolo. In particolare, grazie ad una consulenza tecnica svolta dalla Polizia di Stato, si è infatti accertato che, come pure dichiarato da un collaboratore, la quasi totalità delle buste contenenti le offerte della gara, che erano oltre 100, erano state previamente aperte, in modo da consentire all’impresa mafiosa di aggiudicarsi la gara formulando l’offerta vincente. Michele Zagaria, durante la sua latitanza, si incontrava con la dirigenza del Centro Commerciale per delineare le strategie imprenditoriali del centro commerciale stesso, e fra queste, non ultima la scelta dei patners commerciali che dovevano operare all’interno del centro commerciale fra cui la catena di supermercati presente nel centro.
Tutto il sistema economico che ruotava intorno al centro commerciale in questione era direttamente riconducibile a Michele Zagaria e ai suoi fiduciari a partire dalle ditte di pulizie impegnate nel centro commerciale a quelle che realizzavano le opere di ampliamento del centro. E’ emerso in particolare sulla base di dichiarazioni acquisite da un collaboratore ritenuto attendibile dallo stesso giudice per le indagini preliminari, che, per anni, gli uffici e gli ambienti riservati del predetto centro commerciale, venivano utilizzati quale luogo di incontro fra l’allora latitante Michele Zagaria e i vertici del clan nonché con molti imprenditori ed esponenti politici. L’indagine ha permesso di portare alla luce infatti le gravi collusioni fra l’Amministrazione comunale di trentola Ducenta e lo stesso clan. I politici incassavano sostegno elettorale in cambio dei favori a Zagaria specialemnte nel campo delle licenze edilizie e degli appalti. Tuttavia le indagini hanno permesso di ricostruire altri profili strutturali ed operativi dello stesso clan. Difatti è emersa, secondo quanto afferma il G.I.P. nell’ordinanza, una vasta rete di affiliati e concorrenti del clan che operavano per conto di Zagaria sia nel settore del sostegno economico del clan che nella distribuzione ed imposizione delle macchinette slot machine dei territori sottoposti al controllo del sodalizio. Le attività d’intercettazione, hanno consentito infatti di delineare le figure di Garofalo Giovanni e Giuseppe come protagonisti nella gestione, di internet point, sale giochi e centri scommesse. Sono poi emerse l’esistenza di due distinti gruppi criminali, quello di Casapesenna (CE) e quello di Trentola Ducenta (CE), entrambi sotto l’egida di Michele Zagaria e coordinati da personaggi ritenuti come sua diretta espressione.
L’indagine, inoltre ha permesso di far rilevare come gli appartenti al sodalizio usassero delle modalità estremamente accorte di comunicazione tra di loro e un uso meticolosamente riservato del telefono cellulare, Le loro conversazioni erano caratterizzate da contenuti criptici, a volte telegrafici, finalizzati per lo più a realizzare appuntamenti di persona senza riferimenti chiari al luogo dove incontrarsi. Venivano utilizzate utenze telefoniche “dedicate”, ossia destinate a contatti tra una stretta
cerchia di persone o tra due singoli interlocutori. Per gli spostamenti venivano utilizzati numerosi autoveicoli a noleggio o in prestito. Infine per difendersi dalle intercettazioni degli inquirenti utilizzavano sofisticati e costosi strumenti elettronici, realizzati allo scopo di inibire o rilevare i segnali GSM emanati da rilevatori GPS e trasmettitori ambientali.
Ecco tutti i nomi degli indagati: Gaetano Balivo, Silvestro Balivo, Oreste Blasco, Carlo Bianco, Raffaele Cantone, Luigi Cassandra, Bernardo Cirillo, Vincenzo Conte, Raffaele De Luca, Giuseppe Diana, Luigi Diana, Vincenzo Di Sarno, Alessandro Falco, Giovanni Garofalo, Giuseppe Garofalo, Michele Griffo, Giuseppe Inquieto, Maria Carmen Mottola, Antonio Munno, Pasquale Pagano, Giuseppe Petrillo, Nicola Pagano, Nicola Picone, Vincenzo Picone, Giuseppe Tessitore, Tommaso Tirozzi, Carmine Zagaria, Michele Zagaria.
Redazione