Tanti gli ospiti intervenuti, per testimoniare il loro vissuto quotidiano di lavoro e di vita privata trascorso assieme ai cinque eroi. La prima sessione dei lavori è stata aperta con la lectio magistralis di Giuseppe Ayala, Pubblico Ministero I Maxiprocesso a Cosa Nostra. Un racconto suggestivo quello di Ayala, facendo rivivere con le parole di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino i tanti momenti trascorsi insieme. Altro ospite illustre a conclusione della prima giornata con un’altra lectio magistralis, Claudio Martelli, già ministro di Grazie e Giustizia nel governo Andreotti e promotore con Giovanni Falcone della Procura nazionale antimafia.
La seconda giornata ha avuto inizio con la testimonianza, tanto minuziosa quanto toccante, di Leonardo Guarnotta, Giudice istruttore I Maxiprocesso a Cosa Nostra. Il giudice, toccando le corde più intime della propria anima, ha emozionato tutti con aneddoti che lo hanno visto coinvolto assieme a Giovanni Falcone e Paolo Borsellino nell’aula bunker di Palermo. Non sono mancati quindi momenti di commozione, ma anche di sorriso nel raccontare le poche e blindate uscite familiari. Un racconto emozionante che ha ben reso l’idea, se ce ne fosse stato ancora bisogno, di quanto Falcone e Borsellino benché consapevoli del proprio destino, non hanno mai esitato. Il testimone del ricordo dei due giudici, Falcone e Borsellino, è stato passato poi a chi in quegl’anni muoveva i primi passi nel mondo del giornalismo, come Fabrizio Feo inviato Tg3, Franceso La Licata Inviato La stampa, Antonio Roccuzzo caporedattore La7 e Toni Mira inviato Avvenire.
Entrati nel mondo del giornalismo, Fausto Biloslavo inviato di guerra “Il Giornale”, Luciano Scalettieri vicedirettore “Famiglia cristiana” e Leonida Reitano presidente “Associazione giornalismo Investigativo”, hanno ricordato le colleghe ed amiche Maria Grazie Cutuli e Ilaria Alpi uccise rispettivamente il 19 novembre del 201 in Afghanistan e il 20 marzo 1994 a Mogadiscio. I lavori si sono conclusi con il ricordo di Enrico Mattei, la cui morte erroneamente si pensava fosse un incidente, e Don Peppino Diana simbolo di rinascita e legalità.