Grumo Nevano, Tammaro Faccenda: ” Gianco Di Bernardo, il traditore del popolo. Ecco la verità”

Grumo Nevano ( NA) – Le dimissioni di nove consiglieri, sei di opposizione e tre di maggioranza, con il conseguente scioglimento del consiglio comunale e la nomina di un commissario prefettizio, sono state per Grumo Nevano la naturale conclusione di un’avventura politica alla cui base mancava un serio progetto politico di rilancio per la città. Dopo il tumultuoso consiglio comunale, ultimo atto dell’amministrazione di Bernardo, quello che resta dell’ormai ex maggioranza continua a puntare il dito verso i tre dissidenti, Tammaro Faccenda, Tammaro Chiacchio e Rosa Conte, additandoli come i traditori del popolo, scaricando su di loro tutte le colpe della surreale vicenda. L’ex consigliere Tammaro Faccenda risponde alle voci fatte circolare ad arte nelle ultime ore, che lo dipingono come l’artefice delle dimissioni di massa. Il sindaco Gianco Di Bernardo è il vero traditore del popolo. Non aveva alcuna intenzione di rispettare il programma politico condiviso in campagna elettorale dichiara Faccenda – . Le prime crepe si sono create con la nomina degli assessori. La giunta non era tecnica come si è voluto far passare ma politica e il mio gruppo che tanto si è speso in campagna elettorale, non aveva alcun riferimento in essa. Nel primo consiglio comunale si è consolidata la spaccatura con la vicenda dell’elezione del presidente del consiglio. Andammo in consiglio comunale senza un accordo e lui sapeva benissimo che ben quattro consiglieri della maggioranza non erano d’accordo sul nome di Peppe Ricciardi. Già da questa vicenda dunque – continua Faccenda – si evince tutta l’incapacità politica di Di Bernardo. I problemi poi sono continuati e sfociarono nel documento di sfiducia. Quel documento già riportava i problemi che poi ci hanno portato alle dimissioni. Evidenziammo la deriva che stava prendendo l’amministrazione che non ci convocava sui tavoli che contavano venendo poi alle riunioni con decisioni già prese e che andavano in direzione opposta al nostro programma elettorale. Riunioni in cui un consigliere di maggioranza bypassando pure il sindaco asseriva di parlare per sette consiglieri mettendoci cosi sempre in minoranza. Di Bernardo non era dunque il vero sindaco ma solo quello di facciata, quello delle passerelle, lo show man. Uno dei primi punti dell’agenda politica era la revisione e l’approvazione del PUC. Le intenzioni del sindaco o di che per esso, andavano invece tutte in altre direzioni. Ritirammo la sfiducia solo perché nella conferenza dei capigruppo il sindaco promise di rientrare nei binari del nostro programma. Promesse puntualmente disattese. Si accantonò infatti nuovamente il PUC e si cominciò a parlare di zone D e area industriale. A più riprese ho tentato di spiegare a Di Bernardo l’inutilità di creare una zona industriale senza un vero progetto per le imprese grumesi. Con la lottizzazione delle aree D si correva il rischio infatti di costruire solo capannoni che poi sarebbero restati vuoti. Si sarebbe realizzata dunque una cattedrale nel deserto. Uno spreco di risorse inutile per la città con un comune ormai in dissesto come certificato dai revisori dei conti che hanno bocciato il piano di rientro la cui redazione ci è costata circa 20mila euro. Altri soldi sprecati perché chi ha redatto il piano ci ha detto che non ha avuto il tempo necessario per analizzare per bene la situazione. La goccia che poi ha fatto traboccare il vaso è stato il passo indietro di Di Bernardo rispetto alla privatizzazione dei tributi. Dai banchi dell’opposizione abbiamo fatto una battaglia insieme affinché il servizio di gestione dei tributi non fosse dato in gestione ad un privato. La privatizzazione ordinaria e coatta dei tributi avrebbe comportato alla città un ulteriore spreco di soldi. Il servizio infatti sarebbe costato alla città circa 300 mila Euro all’anno. Perché Di Bernardo ha cambiato idea? Non ho avuto risposta. La città non ha avuto risposta. Io sono coerente ed ho detto ancora una volta NO a quest’atto che ritengo profondamente ingiusto verso i cittadini. Un fiume in piena Faccenda che continua – Gianco Di Bernardo, quello che ha mandato a casa ben tre amministrazioni, Grimaldi, Brasiello e Chiacchio, quest’ultimo anche con attacchi personali che esulavano dalla politica; è un incapace politicamente. Nasconde la verità. Ha millantato di aver sbloccato fondi, aver preso contributi ecc. Non è vero nulla. Nessun progetto è stato mai portato in discussione. La riqualificazione del centro storico era già prevista. E’ un’opera di Brasiello. I soldi per le scuole erano già previsti. Sarebbero arrivati con o senza di lui. Per il rifacimento di Piazza Capasso è già tutto pronto ed opera dei tecnici comunali. Come è opera dei tecnici comunali il progetto di rifacimento della casa comunale per cui sono già disponibili circa 600 mila euro e circa altri 900 in arrivo. I soldi per le luci di Natale li hanno avuti quasi tutti i comuni. La realtà è che nei primi 100 giorni non è stato nemmeno in grado di portare a termine una piccola promessa. Il parco giochi di via Meucci ad esempio giace ancora li semidistrutto. Nulla è stato fatto per il mercatino rionale e per la villa comunale. Addirittura per l’apertura del varco che porta alla stazione non si presentò all’appuntamento con il funzionario delle Ferrovie. Ci sono andato io e l’architetto Miele. Insomma Di Bernardo era ed è tutt’altro. E ciò lo dimostra il suo ultimo atto da sindaco redatto il 4 Dicembre. Si è autonominato come rappresentante del comune nel consiglio di amministrazione dell’Acquedotti SCPA. Un altro stipendio che si porta a casa. Perchè? – conclude. Sulla stessa lunghezza d’onda di Faccenda anche i consiglieri Rosa Conte e Tammaro Chiacchio. Quest’ultimo racconta di un curioso episodio successo qualche giorno prima della firma davanti al notaio dei nove consiglieri. “Di Bernardo si è presentato a casa mia ed ha tentato il tutto per tutto pur di evitare di essere mandato a casa – dichiara Chiacchio – Ha abbozzato qualche promessa ma non ha fatto un passo indietro rispetto alla privatizzazione dei tributi. Avevo chiesto anche la revoca della nomina del presidente del consiglio ma nulla, ha solo fatto qualche promessa per cui non valeva la pena di continuare – conclude.

Giovanna Scarano

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