Pignataro Maggiore, l’ombra dei casalesi dietro l’omicidio di Raffaele Lubrano. Quattro ordinanze di custodia cautelare

Pignataro Maggiore (Ce) – Stamane, presso le Case Circondariali di Sassari, Tolmezzo (UD) e Viterbo i Carabinieri del Nucleo Investigativo di Caserta hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare, emessa dal Tribunale del Riesame di Napoli, a seguito di ricorso della Direzione Distrettuale Antimafia partenopea, nei confronti di 4 persone gravemente indiziati, a vario titolo, di associazione di tipo mafioso (Clan dei casalesi-fazione Zagaria) e dell’omicidio di Raffaele Lubrano classe 1959 alias “ lello”, figlio del capo clan Vincenzo, avvenuto a Pignataro Maggiore.

La sera del 14 novembre del 2002 la vittima, dopo aver lasciato il suo studio di via Vittorio Veneto, mentre era a bordo di una Toyota Land Cruiser, diretto verso la zona periferica, fu dapprima superata da un’Alfa Romeo 164 e poi bloccata nei pressi del Bar Giordano, dove i Killer iniziarono ad esplodere diversi colpi d’arma da fuoco. Lubrano, nel disperato tentativo di scampare all’agguato, riuscì ad invertire la marcia, tentando la fuga in direzione del centro abitato. Il commando omicida, quindi, si pose all’inseguimento esplodendo numerosi colpi lungo l’intero tragitto fino alla via Latina, dove i killer raggiunsero e uccisero Lubrano che, nel frattempo, dopo aver urtato con il suo fuoristrada il muro di un’abitazione, tentò una disperata fuga a piedi. Portato a termine l’efferato delitto, gli autori si dileguarono in direzione di Pastorano, abbandonando l’Alfa Romeo 164, che risultò essere stata rubata ad Aversa il 12 novembre 2002. Due giorni prima dell’omicidio. In località Arianova invece, l’auto fu successivamente rinvenuta bruciata con all’interno le armi poco prima utilizzate.

Le indagini hanno consentito di accertare come l’omicidio in questione nacque a seguito delle mire espansionistiche del clan dei casalesi su una porzione di territorio dove agiva un sodalizio criminale autoctono, il clan Lubrano-Ligato-Abbate. Ciò, nel corso del tempo, aveva determinato spesso frizioni, seguite da tregue strategiche, al culmine delle quali il vertice camorristico di Casal di Principe era prevalso, dettando le proprie regole, imponendo la presenza di loro luogotenenti e costringendo “i paesani” ad accontentarsi della gestione di attività delittuose di minore rilevanza e fruttuosità.

I provvedimenti restrittivi costituiscono l’epilogo di una articolata attività investigativa coordinata dalla Procura della Repubblica di Napoli – Direzione Distrettuale Antimafia, avviata nell’anno 2019 che ha consentito di accertare il coinvolgimento dei soggetti destinatari dell’ordinanza, come esponenti di primissimo piano del clan dei casalesi ritenuti responsabili, a vario titolo, dell’omicidio di Lubrano. I destinatari sono Michele Zagaria, classe 1958 e Giuseppe Caterino, classe 1954, rispettivamente detenuti presso le case circondariali di Sassari e Viterbo, ritenuti dagli inquirenti di essere i mandanti dell’omicidio. Gli altri due destinatari dell’ordinanza sono Salvatore Nobis, classe 1959 e Antonio Santamaria classe 1975, rispettivamente detenuti presso le case circondariali di Tolmezzo e Viterbo, che hanno avuto un ruolo da basisti con il compito di seguire la vittima durante i suoi spostamenti, i cosiddetti specchiettisti.

Nell’ambito della medesima attività investigativa, nell’anno 2020, è stato emesso analogo provvedimento restrittivo a carico di altro sodale: Francesco Schiavone classe 1953, alias “Cicciariello”, omonimo e cugino del capo clan Francesco Schiavone, alias Sandokan.

Giovanna Scarano

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