Marano (Na) – A seguito di indagini coordinate dalla Procura della Repubblica di Napoli – Direzione Distrettuale Antimafia i Carabinieri del Nucleo Investigativo del Comando Provinciale di Napoli hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal GIP del Tribunale di Napoli nei confronti di 3 affiliati al clan “Polverino” operante a Marano di Napoli, Villaricca, Quarto, Qualiano e Pozzuoli. Si tratta di Antonio Simeoli detto “ciaulone” e Luigi e Benedetto Simeoli, tutti ritenuti responsabili, a vario titolo, di associazione di tipo mafioso, esecuzione di opere edilizie in assenza di autorizzazione o in difformità da essa, concorso in falsità materiale e ideologica commessa da pubblico ufficiale in atti pubblici con l’aggravante delle finalità mafiose. L’indagine trae origine dal sequestro di un cantiere edile nel Comune di Marano di Napoli, dove la ditta esecutrice delle opere, dopo aver abbattuto un Vasto locale adibito a deposito, posto al servizio del Convento Santa Maria degli Angeli (bene sottoposto a vincolo artistico), aveva realizzato un edificio destinato ad abitazioni in assenza del previsto nulla osta della sovrintendenza peri beni architettonici. Il lavoro investigativo delle Benemerita ha permesso di portare alla luce numerose speculazioni edilizie, consistenti nell’acquisizione di terreni e fabbricati per la successiva edificazione di complessi residenziali nel territorio del comune di Marano di Napoli, attuate dalle imprese edili LAURA s.a.s. e SIME COSTRUZIONI s.p.a., entrambe con sede legale a Marano; che risulterebbero controllate dal clan “Polverino”. Le opere edilizie effettuate dalle imprese, è stato accertato che sono state realizzate con autorizzazioni o concessioni amministrative illegittime ottenute istigando pubblici funzionari del comune di Marano di Napoli, a produrre false attestazioni di conformità, omettendo volutamente di dichiarare l’esistenza di circostanze e situazioni di fatto che avrebbero impedito l’approvazione dei progetti. Il provvedimento del giudice di Napoli stabilisce che le aziende edili di proprietà o comunque collegate alla famiglia Simeoli, con la complicità di tecnici comunali, responsabili dei procedimenti per il rilascio di concessioni ed autorizzazioni, e liberi professionisti, in qualità di direttori responsabili dei lavori, hanno acquisito nel tempo il controllo monopolistico del settore imprenditoriale edilizio nel territorio del Comune di Marano di Napoli, avvalendosi della forza intimidatrice promanante dal clanPolverino, peraltro direttamente interessato alle vicende imprenditoriali delle imprese. Oltre che nell’applicazione delle misure cautelari personali nei confronti degli esponenti della famiglia Simeoli, il provvedimento prevede anche il sequestro preventivo di numerosi beni mobili e immobili, nella disponibilità degli arrestati e delle società a loro comunque riconducibili, per un valore stimato di circa 28 milioni di euro. Più precisamente si tratta di: due complessi immobiliari residenziali ed ulteriori immobili per un totale di 56 appalramenti e 150 locali destinati a box auto e depositi, ubicati nel comune di Marano di Napoli; quote societarie ed il patrimonio delle citate imprese edili; quattro appezzamenti di terreno siti a in Marano di Napoli di cui 3 di proprietà della società Laura ed uno della socieà SIME per un’estensione complessiva di 4.000 mq; cinque autocarri- furgoni FIAT IVECO di cui 4 appartenenti alla SIME e uno alla LAURA. E’ stato inoltre accertato come le relazioni con la criminalità organizzata degli imprenditori individuati, relazioni che peraltro ne hanno consentito il successo commerciale, erano funzionali, non soltanto al personale arricchimento, ma anche ad alimentare l’ulteriore capitalizzazione dei traffici quindicinali di droga (due tonnellate di hashish ogni due settimane venivano acquistate dalle paranze del gruppo Polverino) secondo un travaso continuo e bidirezionale tra proventi del crimine tradizionale e proventi della, più o meno lecita, attività imprenditoriale. Si tratta di uno circuito tipico di trasferimento della ricchezza da attività produttive di reddito schiettamente criminali a quelle di natura imprenditoriale, e viceversa con una confusione continua di patrimoni ed una interconnessione tra attività apparentemente lecite e manifestazioni classiche della criminalità organizzata, che ha spesso caratterizzato la crescita esponenziale di alcune imprese del territorio, peraltro rendendole maggiormente competitive sul mercato, a discapito dei meccanismi di concorrenza leciti. Ma si tratta, sotto il profilo soggettivo, anche dell’aspirazione massima nutrita dalla parte imprenditoriale della criminalità organizzata, che vede nello schermo dell’impresa la migliore opportunità di affiancamento da logiche più immediatamente riconoscibili come criminali. Mentre per i tre imprenditori si sono spalancate le porte del carcere di Secondigliano, quattro impiegati dell’ufficio tecnico del comune di Marano sono indagati a piede libero.
Redazione
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