Napoli – E’ notizia di questi giorni che Il “Decreto Terra dei Fuochi” prevede tra i tanti interventi anche quello di sottoporre la popolazione interessata ad uno screening di massa. Per questo sarebbero stati stanziati circa 25 Milioni di Euro. Per ora alcuni deputati come l’On. Manfredi e l’On. Antimo Cesaro in un dibattito pubblico, a Casandrino nel napoletano, a cui ha partecipato anche Don Patriciello hanno rassicurato che questi soldi non finiranno nelle casse della cosiddetta sanità privata ma che a gestire tutto saranno strutture pubbliche. Quello che però non è stato detto è che tipo di screening si vuole effettuare e con quali modalità. Una questione importantissima, più importante forse, anche della stessa questione della gestione dei fondi. La task force Pandora, il comitato scientifico fondato dalla ricercatrice Paola Dama che differentemente da tutti gli altri comitati sta affrontando il problema nella sua essenza cercando di condividere dati, risultati, prassi, metodologie sul tema dell’analisi delle criticità ambientali, sui possibili effetti dell’inquinamento sulla salute umana, sull’analisi di rischio e sulle tecniche di bonifica rispettose dell’ambiente e dei suoi abitanti animali e vegetali, ha posto proprio l’accento sull’aspetto pratico degli screening da effettuare. “Gli abitanti della Terra dei fuochi, dopo l’aria inquinata, le discariche di rifiuti tossici, la paura procurata da notizie in gran parte false (che hanno danneggiato anche tanti agricoltori, fruttivendoli, ristoratori di quella zona), – si legge nella lettera che pubblichiamo di seguito – non meritano di essere anche presi in giro. Non si può tollerare che si sprechino milioni di euro quando si chiedono sacrifici agli italiani e si lesinano risorse per interventi sanitari di provata efficacia. Ci auguriamo che siano solo voci prive di ogni fondamento e che le istituzioni, che saranno chiamate ad indicare gli obiettivi, i tempi e le modalità di utilizzo di tali fondi, li inseriscano in un sistema di concreti ed efficaci interventi per migliorare la salute degli abitanti di quelle zone – conclude
Francesca Del Prete
La lettera
Il “Decreto Terra dei fuochi”, come riportato da diversi organi di stampa, prevedrebbe, fra l’altro, un investimento di 25 milioni di euro (per la Campania) per indagini diagnostiche sanitarie sulla popolazione dell’area. Conosciamo e denunciamo la drammatica condizione dell’inquinamento ambientale in Campania, ma ci sentiamo di intervenire per portare chiarezza sull’argomento “screening” in quanto nutriamo il forte dubbio che non ci sia una precisa conoscenza sull’argomento. Come riconosciuto dalla comunità tecnico-scientifica, gli screening vanno eseguiti solo se concorrono i seguenti presupposti:
- esiste un trattamento di provata efficacia per curare la malattia che lo screening scopre;
- i test hanno una buona specificità e sensibilità, cioè danno pochi “falsi positivi” (quando il test indica la presenza di una malattia che invece non c’è) e “falsi negativi” (quando il test indica l’assenza di una malattia che, invece, è presente);
- è alta la probabilità che il test dica il vero (in medicina viene chiamato “valore predittivo” e dipende dalla specificità e sensibilità e dalla percentuale di soggetti asintomatici portatori della malattia);
- il test è innocuo o ha un rischio estremamente basso di causare danni alla salute;
- i disagi di chi si sottopone allo screening devono essere lievi e non sproporzionati rispetto ai probabili benefici;
- il costo non deve essere eccessivo rispetto ai benefici attesi (e quindi bisogna che non vi partecipino solo poche persone ma la grande maggioranza);
Attualmente gli screening oncologici che hanno evidente dimostrazione di efficacia e di accettabile rapporto effetti positivi/effetti negativi sono solo tre:
- mammografia per il cancro della mammella,
- pap-test per quello del collo dell’utero,
- ricerca del sangue occulto nelle feci per il cancro del colon-retto.
Per tale motivo sono stati assunti dalla Sanità Pubblica quali “screening organizzati di popolazione” e riconosciuti quali LEA (Livelli Essenziali di Assistenza); ciò significa che il Sistema Sanitario Nazionale si fa direttamente carico dell’organizzazione e gestione di tali screening, che per i cittadini diventano non solo una “opportunità” ma un “diritto”.
La visita dermatologica periodica per il melanoma e la visita odontoiatrica per il cancro della bocca sono altri due screening con discreta dimostrazione di efficacia e accettabilità, che mantengono, però, il carattere di “screening spontanei e non organizzati”. Gli unici screening oncologici messi in pratica sono questi. Una delle condizioni proprie e vincolanti degli screening organizzati di popolazione è che la Sanità Pubblica non solo prende in carico la fase iniziale della possibile anticipazione della diagnosi, ma, in caso di positività, anche tutto il percorso successivo di approfondimento della diagnosi e dei trattamenti previsti. Ciò significa che in caso di riscontro di malattia ai pazienti vanno indicati, e materialmente organizzati, i tempi, le strutture di riferimento e le modalità di esecuzione delle fasi successive alla diagnosi iniziale. Le industrie farmaceutiche e biotecnologiche hanno provato a far approvare altri screening di massa:
- TAC del torace per il cancro del polmone,
- PSA (Antigene Prostatico Specifico) per quello della prostata,
- Gastroscopia per il tumore dello stomaco,
ma, mancando anche solo uno solo dei presupposti prima indicati, non hanno avuto successo. La Campania è estremamente indietro sui tre screening di provata efficacia: alcune ASL (tra cui la città di Napoli) ancora non hanno attivato quello del colon-retto (nel Nord Italia è attivo da 10 anni), l’organizzazione di altri screening è molto carente (in Campania solo il 44% delle donne ha fatto una mammografia negli ultimi 2 anni, nel Nord Italia 81%; in Campania solo 15% delle persone ha fatto una ricerca del sangue occulto nelle feci negli ultimi 2 anni, nel Nord Italia il 54%) [1], in alcune realtà il percorso assistenziale per i positivi non è in linea con le raccomandazioni scientifiche. Tutto questo ha effetti estremamente negativi sulla popolazione: mentre al Nord il 42% dei tumori mammari è diagnosticato al primo stadio (T1N0M0), in Campania sono solo il 28% [2], e ciò per le donne della Campania significa maggiore probabilità di morte, interventi chirurgici devastanti, chemioterapia più aggressiva. Questa situazione si traduce in un ritardo nella diagnosi di tumore, che significa trovare la malattia in stadio più avanzato, cioè più difficilmente curabile. A questa situazione si associa il fatto che per i pazienti non sono facilmente individuabili percorsi diagnostici e terapeutici efficaci per la cura. Tutto ciò può condurre a maggiore probabilità di morte, interventi chirurgici devastanti, chemioterapia più aggressiva. La carenza dell’organizzazione degli screening oncologici e la dispersione/frammentazione delle cure oncologiche, con un cospicuo flusso di pazienti in strutture minori e non qualificate sono uno dei problemi seri ed accertati della situazione sanitaria in Campania, in gran parte responsabile dell’eccesso di mortalità per cancro nella nostra regione in comparazione alle regioni del centro-Nord. Ritornando al “Decreto Terra dei fuochi”, abbiamo sentito da alcuni che lo screening che si vorrebbe attuare sui cittadini della Terra dei fuochi consisterebbe nella ricerca di alcuni metalli pesanti e tossici organici nel sangue o nei capelli. Ebbene, quando si trova un soggetto positivo che si fa?
- Lo si lascia nella sua angoscia senza fare niente?
- Lo si sottopone a TAC, gastroscopie, colonscopie, analisi di laboratorio con tutti i fastidi e rischi legati a questi accertamenti (tra cui anche il cancro e la possibilità di risultati falsamente positivi)?
- Gli si dice “Non ti preoccupare perché questa sostanza che abbiamo trovato non significa che avrai un cancro”?
Un tale ipotetico screening, sarebbe solo una dispersione di tempo e risorse senza portare benefici per la salute dei cittadini. Ancora una volta anziché puntare con decisione a rendere “efficiente” il sistema sanitario regionale, e, nello specifico, a realizzare, potenziare e far funzionare le strutture ordinarie di prevenzione e monitoraggio dello stato di salute delle popolazioni, e ciò sarebbe veramente “rivoluzionario”, si punterebbe al facile consenso con interventi straordinari di dubbia utilità. Gli abitanti della Terra dei fuochi, dopo l’aria inquinata, le discariche di rifiuti tossici, la paura procurata da notizie in gran parte false (che hanno danneggiato anche tanti agricoltori, fruttivendoli, ristoratori di quella zona), non meritano di essere anche presi in giro. Non si può tollerare che si sprechino milioni di euro quando si chiedono sacrifici agli italiani e si lesinano risorse per interventi sanitari di provata efficacia. Ci auguriamo che siano solo voci prive di ogni fondamento e che le istituzioni, che saranno chiamate ad indicare gli obiettivi, i tempi e le modalità di utilizzo di tali fondi, li inseriscano in un sistema di concreti ed efficaci interventi per migliorare la salute degli abitanti di quelle zone.
Napoli, 20 Gennaio 2014 Gruppo di studio Medicina ed Epidemiologia Task Force PANDORA
Referenze:
[1] www.osservatorionazionalescreening.it/sites/default/files/allegati/EPv36i6s1.pdf
[2] www.eurocare.it
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